La classica dei Sibillini. Il Monte Vettore da Forca di Presta.


Ho sempre sostenuto che per i “romani” l’amore per la montagna costa molti sacrifici in più che per quasi tutti gli altri, è più “amore” per dirla meglio ancora. Ed oggi ne ho avuto la riprova.
Da Ascoli Piceno puoi decidere all’ultimo momento se andare o no in montagna, sono vicine, in certe condizioni pare quasi di toccarle; il tempo di aprire le imposte, di farsi abbagliare dal cielo turchese, se proprio vuoi avere la sicurezza di non fare un buco nell’acqua,  giusto il tempo di mettersi in linea con uno spiraglio di orizzonte libero e farsi ammaliare dalle creste immacolate dei Sibillini, dal mitico imbuto del Vettore che incombe sulla città. E’ così che in quattro e quattrotto stamattina abbiamo deciso di ritornare sulla vetta più alta dei Sibillini per la via “normale”. Erano 2 anni che non ci tornavo in invernale, la giornata era di quelle sfavillanti, lo zaino era pronto, quarantacinque minuti di auto ed eravamo a Forca di Presta. 
La via di salita è di quelle che più classiche non si può; parcheggiamo l’auto sulla sella, poco più in là la nebbia riempie il grande catino del Piano Grande e solo poche case di Castelluccio godono dei caldi raggi di questo sole fine dicembrino. Alle nostre spalle isolato sorge il Rifugio degli Alpini, davanti la lunga dorsale fino alle alte creste e alla cima del Vettore appare libera dalla neve fino a quasi quota 2000.
Prendiamo il sentiero oltre la strada, nuove segnalatiche  e curate descrizioni della geografia, della fauna e flora della zona testimoniano forse una maggiore attenzione verso il territorio da parte dell’ente parco.
Il sentiero lo conosciamo a memoria, ampio e ben marcato lo ripetiamo aggirando i tanti promontori rotondi che compongono la cresta fino al Monte Vettoretto; la prospettive, ora di qua ed ora di là, sono magistrali;  veicolata dal canale di San Lorenzo, impero degli sciatori,  ad Ovest spazia sul Pian Grande da cui spunta solamente la tonda sagoma di La Rotonda ( non per nulla chiamato anche Colle Tondo). Il mare di nubi grigie ristagna sul fondo del piano e contrasta con l’orizzonte bianco che sconfina fino al Terminillo. Dall’altra parte,  ad Est- Sud Est, superate le svolte dei tanti promontori lo sguardo arriva al mare; il gruppo del Ceresa è lì sotto, la neve che copre le creste dai Monti Gemelli  fino al Monte Sevo e a Cima Lepri fanno ben capire perché i primi facciano parte dello stesso parco nonostante siano così periferici e così vicini al mare. Dietro le inconfondibili sagome del gruppo del Gran Sasso, appena si riesce a scoprire la mole della Majella e poi giù in fondo, piccola ma inconfondibile la sagoma piramidale del Velino. Pensate siano sufficienti questi motivi per ripetere ancora questa classicissima dei Sibillini?
Sotto il Monte Vettoretto siamo costretti ad indossare i ramponi; il sentiero che traversa il versante nemmeno si intuisce tanto è coperto di neve; è l’ultimo tratto del canale di San Lorenzo, sotto iniziano le lente  processioni di sciatori che lo risalgono. La neve è dura, il pendio insidioso; scoraggiamo alcuni ragazzi che sprovvisti di ramponi si attardano nella decisione se osare o meno e dopo averli montati oltrepassiamo le poche centinaia di metri  impegnativi. La sella del Vettoretto è di nuovo scoperta dalla neve, sopra la vista che spazia fino alla vetta principale ci conforta della presenza costante della neve; è una tortura camminare sulle punte d’acciaio anche se per pochi metri ma la pigrizia vince e ce li teniamo. Fino all’inizio del traverso che conduce in cima, qui la neve è di nuovo dura, i ramponi ci aiutano a mantenere un passo veloce. Oltrepassata la sella del Vettoretto la leggera brezza che ci aveva accompagnato fin lì si perde, il sole a perpendicolo su fianco della montagna accende la fornace ed un caldo estivo ci accompagna fin quasi in vetta al Vettore. Il rifugio Zilioli è immerso nella neve; l’accesso alla parte libera è ostruito da un cumulo di neve compatto, se avevi intenzione di  riposarti un attimo avremmo potuto  accomodarti tranquillamente … sul tetto , peccato che anche questo fosse coperto di neve.
Mi fermo a guardare le creste, da qui  sempre magnifiche, del Redentore, dallo spigolo di Punta di Prato Pulito fino a Pizzo del Diavolo; ogni volta che qui mi trovo penso sempre che siano le creste, le montagne  le più belle di tutte, ma capisco di soffrire di una sorta di campanilismo affettivo.
Dal rifugio Zilioli alla cima del Vettore ci sono meno di duecentocinquanta metri di dislivello, i primi lenti a salire, solo alla fine e per un breve tratto più accentuati.
Salendo dentro la valle arriviamo direttamente in cresta nelle vicinanze della vetta. Cerchiamo, per premiare le nostre aspettative e anzitempo scrollarci la fatica di dosso, la sagoma inconfondibile della croce contorta  della vetta ma davanti a noi solo cumuli alti di neve. Il paesaggio era insolito, non il pendio familiare che sale leggero ma canali nevosi dominati da crestine sottili;  solo quando salendo e salendo ci accorgiamo che nulla c’era più da salire e che oltre era solo la sottilissima cresta che scendeva verso il Monte Torrone, ci siamo resi conto che la croce non c’era più. O meglio che era sepolta da circa due metri e più di neve. Il vento che in vetta spirava freddo e fastidioso non poteva cancellare la soddisfazione di aver colto due chicce in un colpo solo; la prima già di per se inconsueta è quella di godere della vetta del Vettore in condizioni meteo perfette, senza la solita nuvola grigia che la avvolge, praticamente una fortuna sfacciata che tocca a pochi; la seconda ed è davvero quasi una unicità, è quella di poter dire di aver toccato la vetta del Monte Vettore a quota  2478 metri  invece dei canonici 2476. Chi vorrà farlo in condizioni diverse dovrà arrampicarsi in cima alla croce e forse sulle spalle di un amico!! Stranezza di questo clima!
Inutile è parlare di quale vista si potesse godere dalla cima del Vettore! Fino a Conero, fino allo sconosciuto ma per me fondamentale Monte San Vicino, fino al mare, fino a tutte le montagne del nostro meraviglioso Appennino centrale. Inutile è parlare di quanto bella sia la cresta la di fronte, quello scoglio irresistibile del Pizzo del Diavolo, quanto attraente sia la sottilissima cresta che scende verso il Torrone.
Spero le foto che seguono questo racconto rendano  giustizia a quei momenti.
Lo so è una classica che di più non si può, ma quando confidate nell’aiuto del meteo , quando avete voglia di immensi panorami , cliccate su questa meta, vi ripaga sempre.
La discesa è stata velocissima, fuori sentiero, un lungo traverso fino alla sella del Vettoretto, aiutati dalla neve che si era un po’ mollata sotto i feroci raggi del sole.
Una volta scesi la giornata si è conclusa in una vera trattoria di montagna, a Pretare di Arquata del Tronto, l’Ara della Regina; da poco ha riaperto i battenti, una nuova gestione curatissima sia per l’ambiente caldo e pulito, sia per l’accoglienza del tutto familiare e per la cucina. Per la cronaca una gustosissima polenta, carne al sugo, una crostata della nonna, vino cotto e grappa  ci hanno tolto le fatiche di dosso. Ah, dimenticavo tutto questo solo per dieci euro a testa e da non sottovalutare è il fatto che ci hanno messo a tavola quasi alle quattro del pomeriggio, se siete sui sentieri dei Sibillini da quelle parti e pensate di far tardi una telefonata vi metterà al sicuro lo stomaco (0736.804704).
Mi rimane un solo dubbio su quanto accaduto in questa giornata: ma per la classifica del Club 2000 i due metri in più di oggi del Monte Vettore rappresentano una vetta in più?